GIOVANILI BASKET SIENA



Scudetti giovanili

Bookmark and Share  Siena - 21/06/2003

SIENA - Simone Pianigiani, il giorno dopo la conquista a Biella del secondo scudetto Cadetti consecutivo, non sta più nella pelle dalla gioia. Ne ha tutti i motivi: la sua Mens Sana, che ha difeso nel migliore dei modi il titolo conquistato nel 2002, è imbattuta da due anni malgrado una profonda rivoluzione nell’organico. Del gruppo tricolore di 12 mesi fa sono rimasti solo tre elementi (Rovai, Marino e Lechthaler), eppure il risultato è rimasto lo stesso a 12 mesi di distanza.
“Il primo a farmi i complimenti - racconta il coach bi-campione - è stato il general manager Ferdinando Minucci. E’ una cosa che mi gratifica sia professionalmente che umanamente, visto che mi ha confermato la sua fiducia per come stiamo lavorando e per le scelte fatte”.
E’ più bello il primo o il secondo scudetto?
“Non posso fare preferenze, ma devo ammettere che quest’ultimo titolo è stato conquistato al termine del concentramento finale con il più alto livello tecnico mai visto. C’erano giocatori di grandissimo talento, per questo c’è voluta una marcia in più per imporci”.
Qual è stata questa marcia in più?
“La maturità. Ogni partita disputata avremmo potuto anche perderla perché sono state tutte durissime, ma le abbiamo fatte nostre senza strappi, con equilibrio e regolarità, tenendo gli avversari sotto le loro cifre offensive abituali”.
Con due scudetti sul petto, che bilancio personale puoi tracciare?“Più che positivo. Negli ultimi anni, tra Juniores e Cadetti, siamo stati per 6 volte tra le prime quattro squadre con ragazzi diversi. In più, ho avuto la fortuna di fare 3 finali e di vincerne 2, ma non ci dimentichiamo che a Reggio Calabria, con gli Juniores, Rossetti era appena rientrato da un infortunio e siamo stati battuti dal Montecatini dei vari Garri, Cotani, Giachetti e Perego, gente che adesso gioca ad alti livelli in serie A”.
Insomma, il tuo lavoro paga...
“Preferisco parlare di continuità. Questa volta avevamo 6 ragazzi classe ’88, eppure fino ai quarti di finale hanno dato un ottimo contributo. In più Cavallaro e Scarponi erano nuovi. Li abbiamo reclutati perché credevamo in loro, ma venivano uno da Vigevano e l’altro da una squadra minore e il loro valore ad alto livello era tutto da verificare, malgrado qualche convocazione in Nazionale che però, al di sotto dei Cadetti, serve più che altro per sondare il patrimonio giovanile e non dice molto sui reali numeri. Sono stati bravissimi, così come i 3 «superstiti» Marino, Lechthaler e Rovai, che l’anno scorso ci hanno dato un aiuto, ma non sono stati importanti tanto quanto quest’anno. Lo ammetto: visto il valore degli avversari, questo è un titolo inaspettato”.
Eppure alla vigilia eravate indicati tra i favoriti...
“Ho letto tante cose in tal senso, anche che ci presentavamo con i quattro quinti della Nazionale di categoria, cosa che non è vera. Abbiamo in squadra 4 elementi attualmente inseriti in una lista di 24 da cui usciranno i 12 che andranno agli Europei, ma insieme non si sono mai ritrovati neanche in un raduno. Sono talmente cresciuti durante questa stagione che alla fine potrebbero farcela tutti, io glielo auguro. Per Lechthaler non dovrebbero esserci problemi, i pivot sono davvero merce rara, gli altri dovranno lottare con gente molto forte per avere un posto. Visto quanto eravamo rinnovati, non so perché ci fosse tanta attenzione intorno alla Mens Sana. Forse perché è sempre stata tra le prime società d’Italia e ha vinto lo scudetto l’anno scorso, o magari qualcuno voleva portare male! Fino all’ultimo giorno, comunque, tutti dicevano che la finale l’avrebbe vinta la Virtus Bologna”.
Che ricordo hai del match decisivo?
“E’ stata una bellissima partita, dominata dal secondo quarto in poi grazie alle nostre armi migliori. Io credo nell’identità di squadra e cerco sempre di sfruttare le capacità dei giocatori che ho. I gruppi cambiano, la forza di questo sta nella difesa e l’abbiamo sfruttata anche contro avversari così quotati”.
La stagione è stata lunga e costellata anche da due tornei internazionali, a Honolulu e a Cholet. Valeva la pena di viverla fino in fondo?
“Eccome! La scelta di far disputare a molti Cadetti anche il campionato Juniores e le partecipazioni a manifestazioni così impegnative, sotto tutti i punti di vista, ha accresciuto l’esperienza dei ragazzi. E credetemi, alle finali di Biella lo si è visto benissimo”.
Qual è la più grande soddisfazione che hai portato via da Biella?
“Sarebbe facile dire lo scudetto, invece è stata la gioia dei ragazzi. Per Marino, Lechthaler e Rovai era il secondo successo, ma per gli altri era il primo ed erano increduli. Dopo siamo andati a cena insieme e per i giocatori è stata l’occasione di stare finalmente un po’ di più con i genitori, che sono stati splendidi pere tutto l’anno anche se, visti gli impegni, non hanno potuto vedere tanto i loro figli. Infine la serata si è chiusa a parlare nella hall, in relax e con calma. Forse solo in quel momento c’è stata la consapevolezza di aver fatto una cosa importante”