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In una intervista uscita sui Giganti del Basket nel 1970 Enrico Bovone, il primo "gigantissimo" del basket italiano (come veniva definito da loro) alla domanda: "Cosa fai nel tempo libero ?" rispondeva: "Mi piace fare dei lunghi giri da solo in macchina quando piove". Parole che ci ritornano in mente quando, una mattina di trenta anni dopo, leggiamo sul quotidiano quella maledetta notizia: "Enrico Bovone, 55 anni, indimenticabile pivot della prima Mens Sana di A ed azzurro per ben 65 volte, si è tolto la vita sparandosi un colpo di pistola nelle campagne senesi. Nella macchina con la quale era arrivato nel luogo del suicidio lascia una lettera/testamento per la famiglia".
Nato a Novi Ligure (Al) il 30 marzo 1946 è un tranquillo studente quattordicenne di quasi due metri quando Nico Messina, insegnante di educazione fisica nella cittadina
piemontese, lo scopre e lo indirizza al basket, destinazione Tortona in Promozione. Il ragazzo in pochi mesi arriva a 2.06 m. L'Italia della pallacanestro, che in quegli
anni '60 vive anche il boom del basket, s' interessa a tutti i "gigantissimi" ed Enrico era il prospetto numero uno, il fenomeno da seguire.
Aldo Giordani, il mitico telecronista RAI, raccontò che il primo Grandissimo del basket italiano fu al centro di una singolare sfida automobilistica tra i dirigenti Simmenthal Milano e Ignis Varese, le grandi dell'epoca, accorsi a Novi Ligure per accaparrarsi la giovane promessa. Le cronache narrano che Cesare Rubini (immagine a lato) rimase bloccato in un ingorgo sull'autostrada e così Bovone finì a Varese. A Varese Bovone ritrova il maestro Nico Messina. Dopo due anni nella juniores, fermatosi a 2.10 mt, viene spedito dai cugini della Robur et Fides in serie B, poi finalmente l' esordio in A con la Foritudo targata Alcisa. Sarà il più alto del cmpionato e lo rimarrà pe anni. Nella foto a lato Nico Messina ed Enrico Bovone. Ma è tempo di tornare, Varese lo accoglie di nuovo a braccia aperte: purtroppo, il mentore Messina non è più l'allenatore e con Tracuzzi non c'è feeling. Nel 1967 conquistò una Coppa delle Coppe in finale contro il Maccabi di Tel Aviv. Nella foto a lato sinistro lo vediamo con la canotta # 13 dell' Ignis Varese di quella stagione. Enrico era un introverso; a Varese stava volentieri per conto suo. Andava a Milano per studi. Si racconta che fosse passato da ingegneria a lingue. In treno fece amicizia con un certo Mauro Raffo che racconta: "Enrico non riusciva a sopportare l' attenzione che i suoi due metri e dieci suscitava e le frasi cretine che gli venivano rivolte, del tipo che aria tira lassù? Ricordo che l'altezza in quei vagoni amplificava il disagio". Il 28 maggio 1966 fece l'esordio in nazionale a Dessau con coach Paratore. Anche con il successore allenatore azzurro Giancarlo Primo ci fu poco feeling. Con la Nazionale colleziona 65 presenze realizzando 383 punti. Sempre con la Nazionale nel 1968 partecipa alle Olimpiadi di Città del Messico dove l'Italia giunge ottava. La squadra (a lato) era così composta: Pellanera, Cosmelli, Vianello, Flaborea, Masini, Jessi, Recalcati, Lombardi, Vittori, Bovone, Gatti e Bufalini. Nel 1968 arriva una bella offerta dall' ambiziosissima Pallacanestro Milano sponsorizzata All'Onestà che gli mette davanti un contratto di cinquanta milioni per quattro anni, una enormità per la pallacanestro dell'epoca. Prestazioni alterne in un altro ambiente dove non stava certo bene. Nel 1971 arriva la tranquillità con il trasferimento ad Udine e nell'anno successivo è il migliore realizzarore e rimbalzista italiano (21 punti e 15 rimbalzi media gara); Fa coppia con l'americano Joe Allen, centocinquanta chilogrami di ciccia e di tecnica sopraffina. Infine, nel 1973, lo chiama la neo promossa con soldi ed ambizioni Siena. Parte da Udune con Cosmelli, e saranno meraviglie! Nella foto di giornale a lato lo vediamo in piazza del Campo al suo arrivo con Massimo Cosmelli Resterà alla Mens Sana Siena fino al 1979, vi realizzerà 4.655 punti. Indimenticabili i suoi semiganci. Con Karl Johnson costituirà una coppia di pivot che farà parlare di se: la scelta dei due pivot ideata e voluta da coach Cardaioli. A seguito dei successi la città si stringe attorno alla squadra. Enrico trova e percepisce quel calore umano che mai molto probabilmente aveva provato così tanto prima dall'ora. Allo Snack Bar del mitico Nucci, dove transitano i tifosi di fede Mens Sana, è di casa. Partì timido con l'Innocenti Milano, al debutto; fece solo 5 punti. Già nella seconda apparizione in casa ne fece 31 contro Sutter e la banda del Brill Cagliari. Quei 5 punti furono l' unica gara in cui non andò in doppia cifra. Anche nel ritorno a Milano contro Masini e Co. fece 18 punti. Addirittura l'anno successivo con la stessa Milano fece 36 punti e con l'altra super-grande, sua ex-squadra, l' Ignis Varese ne fece 21. Enrico non aveva rivali che lo fermassero in modo particolare e sistematico. Solo Bovone poteva fermare Bovone. Poi nel '77 l'incredibile licenziamento per aver chiesto premi partita dell' anno prima mai pagati; e questo gli rinnova l'odio di chi lo cosiderava, da sempre nella sua carriera, un avido lungagnone strapagato. Una volta chiusa la carriera da giocatore, nel 1979 veste per una sola stagione il ruolo di direttore sportivo della Mens Sana. Ma di basket ne ha abbastanza. Si allontana progressivamente sempre di più dalla Mens Sana e dal basket. Si ritira con la famiglia, nel 1980 gli nasce una bimba, ma col tempo le cose nel privato non sembrano andar per il meglio: a due matrimoni sono seguiti due divorsi. I tifosi avversari lo bersagliavano con cori di sfottò: "Bovone, Bovone, sei lungo e ...". Nella Siena del basket la sua altezza era una grazia ricevuta, un bene utile alla causa comune, la grandezza della Mens Sana. Finita la causa però forse non è rimasto molto oltre il ricordo dei suoi semiganci . Forse occorreva altro per evitare quella triste fine. CLICCA per vedere la scheda di Enrico Bovone alla Mens Sana |