LA SECONDA MONTAPERTI
Siamo alla metà del '900, in pieni anni 60, in un periodo storico meraviglioso; tutto è più facile e bello, tutto cambia in positivo. Anche Siena e le sue terre vengono prese dalla magia del benessere e ciò che sembrava eternamente statico ed immutabile ora cambia e si evolve. Nelle feudali campagne senesi avviene in pochi anni quello che non era mai riuscito nei secoli precedenti: cambiano regole, abitudini, piaceri. Così i contadini, ora "coltivatori diretti", la fame non la pativano più, le cose del campo non erano più del solo padrone; e la macchina, prima la 600 e poi la 850 Fiat, era nell'aia insieme al trattore. La domenica adesso non era più solo il giorno della Messa e del riposo ma anche quello del piacere: la caccia, la pesca, il cinema o il varietà dell' Impero in città. Per gli scapoloni le gioie del riposo iniziavano la sera prima con il ballo: alla Coroncina, a Sovicille o, d'estate, nel fresco bosco di Geggiano. E poi gli sfoghi sessuali, dentro le piccole macchine, consumati in fretta con le donnine di Scacciapensieri per la modica cifra di cinquemila lire.
Gli anni 60… grandi ! Belli ! Fantastici anche per la gente di campagna !
Quando veniva l' autunno, il periodo in cui prima di tutto occorreva "coltrare" la terra, la propria e quella dei vicini, per prepararla alla semina futura, lo sfogo, il piacere era andare nei boschi conosciuti in cerca di funghi; buoni per fantastiche grigliate in famiglia o con gli amici, da mettere sott' olio con i chicchi di pepe o da seccare per "farci il sugo quando viene Natale" come dice De Gregari in una sua canzone.
Ma l'epoca della libidine nella sua trasformazione porta anche qualche novità non del tutto piacevole: l'arrivo dell'aratro con cingoli e gasolio manda in pensione i bovi maremmani o chianini come il boom delle auto porta l'invasione dei cittadini nei boschi, una volta regno di contadini e cinghiali ed acusticamente inquinati dalle sole ghiandaie stridule o dalle gazze rissose. Ollora, quando era tempo di funghi, vi arrivavano eserciti di cittadini anzi quel ch' è peggio di fiorentini perché questi, meno adusi alla campagna rispetto ai senesi, avevano una strana percezione dello spazio libero, dei campi, dei boschi.
Gli uomini di Fiorenza avanzavano sempre più come numero e per inciviltà e s' impadronivano di aree sempre più vaste; pertanto bisognava passare alla contro-offensiva, all' auto-difesa per liberarsi dai barbari senza, logicamente, arrivare agli estremi: cospargere le strade di chiodi o forare le gomme delle auto. Così nella zona di Frosoni, Montebello fino al Piano della Feccia ebbero una pensata che noi, del luogo, definiamo: bombolona .
Fu dato in pasto ai giornali, prima locali poi regionali, la notizia che un grande rettile si aggirava in una vasta area boschiva che lievitava intorno alla chiesa della spada nella roccia. Addirittura la notizia fu corredata con alcune fotografie, un po' sgranate ed in bianco e nero, con un animale, dall'aspetto preistorico, avvistato nei boschi di Pentolina. Logicamente la foto era studiata ad arte, non era che un fotomontaggio di un ramarro in primo piano, mezzo coperto ed un po' camuffato nell'aspetto con lo sfondo dei boschi. Seguirono le testimonianze dei contadini locali impauriti e preoccupati e, non poterono mancare, quelle degli esperti che parlarono di un varano gigante probabilmente fuggito, o liberato per disfarsene, da un circo di passaggio; ci furono inchieste ed interviste a professori universitari, zoologi, nonché ad autorità amministrative locali.
La notizia arrivò anche nella città dell' Arno, anzi soprattutto nella città dell' Arno; i fungaioli, come il Grazioli ci ha detto benissimo nei suoi scritti, s'interrogavano e si dicevano: " Allora gli è vero!" "Ma questo gli è un mostro" "unn'è miha bello girà pei boschi e trovassi davanti una bestiaccia come chella !" "Sai chella fò io? Vò ma da unartra parte !"
Vai !! L'opera era stata portata a compimento ed il risultato fu quello sperato: niente più fiorentini nei boschi di Pentolina. Gli abitanti del posto si riappropriarono dei loro spazi; quella fu per loro veramente una seconda Montaperti, riadattata e rivissuta in quei favolosi anni 60.
Le leggende del passato remoto
Il bosco di Pentolina si trova subito dopo gli ultimi casolari di Rosia, dove in questi boschi sono nate moltissime leggende tramandando magici personaggi. E' in questi boschi, nel cuore del grandissimo bosco grossetano, che si nasconde uno strano essere nella macchia, ma non abbastanza da non essere visto.
Il mostro di pentolina viene descritto come un grosso serpente con una testa d'uomo, viscida presenza raccontata dal XIX° secolo. Il bosco di pentolina era un possedimento dei Pannocchieschi, e come nelle fiabe nordiche, era un bosco ancora non esplorato.
Siamo nel febbraio del 1321 quando un tagliaboschi, si avventurò nel bosco per procurarsi legna da ardere in inverno, gli si parò di fronte un grossissimo serpente con la testa d'uomo, e sputando fuoco fece impaurire il mulo.
Il tagliaboschi cade a terra, si rialzò e scappò senza preoccuparsi minimamente della propria legna. Iniziarono così una serie di battute alla ricerca del mitico mostro, ma i risultati mancarono finchè un ignaro passante si avventurò nel bosco di Pentolina.
Questa volta però fu il mostro a fuggire velocemente infiascandosi tra gli alberi, l'uomo ricorda che era un serpente, nero, lungo 3 o 4 metri e in cima vi era una testa d'uomo. Vi fù un incendio che bruciò gran parte del bosco, da qui molti abitanti della zona si ricredettero perché sentirono le urla strazianti dell'essere ardere vivo.
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