Tempi passati

LA STALLA ASSEDIATA           scritto da Mario Verdone

Durante l'occupazione tedesca avevo preso l'abitudine di dormire a intervalli nella mia casa senese, nel timore delle frequenti retate. Andavo spesso da un contadino che mi era molto affezionato, Ottorino, che abitava fuori Siena, verso Moltalbuccio. Ero stato ospitato anche in altri rifugi, sempre nel timore di essere scoperto dalle autorità germaniche o della Repubblica Sociale, che moltiplicavano i bandi minacciosi di reclutamento degli "sbandati". Non fu un periodo privo di pericoli, ma finalmente, anche l'occupazione tedesca passò, e per poche ore Siena e dintorni divennero terra di nessuno.
Arrivarono da sud, gli americani e francesi, i tedeschi ancora si difendevano, a nord della stazione ferroviaria, verso Vicobello (vedi immagine a lato). Il Raggruppamento "Monte Amiata", di cui facevo parte, compiva azioni di disturbo.
Allorchè fui sicuro che ormai Siena era definitivamente "libera" sentii il bisogno di andare a trovare Ottorino, per il quale nutrivo molta gratitudine. Volevo sapere che sorte aveva fatto, lui e la sua famiglia, al momento degli ultimi combattimenti, quando io ero dentro la città, e lui nel suo casale di campagna. Quando arrivai al podere tutto mi appariva tranquillo. C'era di che rallegrarsi, tutti insieme, delle sparizioni delle uniformi tedesche. Sembrava, nella calura di luglio, che la calma abituale regnasse nel casale. Non vedevo nessuno e cercai tra le vigne e il fienile. Uscì dal pollaio Nella, preceduta da due marrocchini, uno gigantesco ed uno minuto come un'anguilla. Mentre si allontanavano, Nella scorgendomi mi disse, senza alzare la voce: "Quei due figuri, so' entrati nel pollaio e m'hanno portato via il coniglio maschio! Almeno potevano aver preso una femmina!"
Ringalluzzito dal nuovo stato di liberazione rincorsi i marrocchini e intavolai una trattativa. Parlai loro in francese, esagerando un pò il mio potere. "Perchè avete portato via il coniglio maschio? Restituitelo! Io ieri ero in Piazza del Campo, a ricevere il Generale Juin! Potrei avvertirlo! Sieti venuti per liberare o per derubare?" Era una mia millanteria, perchè io m'ero intrattenuto amichevolmente, quella mattina stessa, con un ufficiale francese, al quale mi ero presentato come giornalista; ma non avevo avvicinato il Generale Juin più di qualsiasi altro appartenente al Raggruppamento Monte Amiata.
"Lasciali stare, Mario - disse saggiamente Nella - si potrebbe fare peggio!" Ma poichè io insistevo la moglie di Ottorino propose, facendosi coraggio: "Se mai gli potresti proporre di cambiarlo con una femmina!".
Il marrocchino gigantesco non sembrava dare reazioni, l'anguilla taceva. Chissà forse avrebbe accettato il cambio. C'era un momento di stallo. Ma ad un certo punto da un cespuglio partì una fucilata. Il gigante cadde a terra lungo disteso. Il mingherlino fuggì, inseguito da altre scoppiettate. Il coniglio era finito accanto al corpo del colpito; ma era incapace di muoversi perchè gli erano state legate le zampe. Nella riprese l'animale. Un contadino uscì dal cespuglio e bestemmiando di soddisfazione si vantava d'aver fatto fuori il ladro.
"L'avete ammazzato!". E che mi fanno? la Polizia Militare mi darà ragione! Questi so' ladri. Già non riescono a capire neppure i loro nomi!".
Arrivò, ansante, dal fondo del campo, Ottorino, e giunsero altri villici dei dintorni che avevano sentito gli spari. Ognuno commentava il fatto. Nella rimise il coniglio nella sua gabbia. Nessuno sospettava che la situazione sarebbe precipitata.

Erano passati pochi minuti e si sentì scoppiettare una fucilata. Contadini e donne scapparono. Eravamo sfiorati da pallottole che si stampavano sulla parete della casa colonica. Sembravano noccioli di pesca che si ficcavano nel muro. Allarmati ci precipitammo tutti nella stalla. Un drappelli di marrocchini, chiamati dallo scampato, era giunto per fare giustizia. Si trattava di una spedizione punitiva.
Ci rinchiudemmo a chiavistello nella stalla che aveva accanto alla porta una finestra, senza imposte. a quella finestra senza vetri si affacciavano teste nere di soldati, coperte di elmetti, che cercavano di penetrare all'interno. Armati di strumenti di lavoro i contadini cominciarono a dare violente botte con le pale e le vanghe e si sentivano risuonare i colpi sui caschi metallici. Era un vero e proprio assedio e non c'era da sentirsi tranquilli in quella specie di trappola. La stalla era su un terreno scosceso. Si entrava a piano terra ma il lato opposto dava sul pendio e sotto un finestrone c'era addirittura la concimaia. Mentre i contadini resistevano, ma fortunatamente gli spari non si udivano più, non esitai e mi buttai di sotto. Non me la sentivo di restare lì, inerme. Avevo i calzoni bianchi. Uscii dal guano della concimaia tutto color ruggine, e, quasi mimetizzato, corsi lungo la vigna per nascondermi in luogo più sicuro.
Il pericolo, però, andava cessando. Era arrivata la Military Police del Corpo francese per restituire l'ordine e allontanare i marrocchini, che avevano preso cura del cadavere. Se ne andarono con le loro caratteristiche lamentazioni islamiche.
Fatta una breve inchiesta , i militari avevano arrestato il villico che aveva sparato, e che teneva ancora il fucile in mano. Presto lo stato d'allarme parve cessato ed io, rimasto ragionevolmente nascosto tra le piante , tornai a casa di Nella e di Ottorino. Eccitati, commentavano l'accaduto. Ottorino si disse convinto che allo sparatore non avrebbero fatto niente. Diversi episodi così erano già avvenuti senza alte conseguenze. E dopo pochi giorni, infatti, lo spregiudicato "vendicatore", che si era dichiarato, anch'esso, vittima di una precedente rapina, tornò in libertà.


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